La Storia
Ultima modifica 4 aprile 2023
Di fondazione altomedioevale, Sant’Arsenio deve sia l’agionimo sia la fondazione ai monaci italo-greci (VIII-IX sec.), seguaci dell’egumeno Scenute, da cui “scenuddi” apostrofazione locale data ai santarsenesi, che qui insediatisi edificarono un “Cenobio” dedicato alla Divina Sapienza o Spirito Santo (Santa Sofia). Le alterne vicissitudini fanno si che nel IX secolo, il Casale di Sant’Arsenio, appartenga al Castaldato di Diano e nel 1136 donato alla Badia della S.S.Trinità di Cava de’ Tirreni, che operò una imponente latinizzazione delle terre grecofone, tra cui nel 1206 il Casale di S.Arsenius s’identificò con l’agionimo di S. Alfanus. La giurisdizione ecclesiastica fu della Badia Cavense prima (fino al 1513), e della Diocesi di Cava poi (dal 1513 al 1850), mentre la giurisdizione civile e criminale fu esercita da Diano (odierna Teggiano). Il Casale, parte dello Stato di Diano ne ha seguito le sorti fino in fondo, infatti, nella repressione attuate da Ferrante d’Aragona con l’Assedio di Diano (1498), il Casale capitolò con la casata dei Sanseverino passando di mano in mano fino ai Kalà (7 luglio 1654), che lo terranno fino all’eversione della feudalità (inizi del XIX secolo). Nel ‘600, Sant’Arsenio come tutto il Regno di Napoli, conobbe l’imperiosa depressione fiscale e l’altrettanta energica forza della rivolta popolare qui attuata dal ribaldo bannita Giovan Battista Verricella detto Tittariello (1630-1648) che qui perpetrò operazioni di rivolta contro l’esazione fiscale messa a punto dal Viceregno Napoletano. Il ‘700, portò sia all’incremento demografico sia all’implementazione delle arti e dei mestieri, facendo di Sant’Arsenio una fucina di maestri d’ascia ed ebanisti, di artigiani ed artisti; nel mentre si andava implementando sempre più l’urbanizzazione civile ed ecclesiastica, come ci testimoniano le case palazziate dei Pessolano già palazzo Baronale, dei D’Aromando, dei Costa-Priore e dei Mele, le civili abitazioni che si snodano, addossate l’una all’altra lungo le strette cortine viarie. Ogni strada ospita una chiesa o una piccola cappella, al cui interno non mancano preziose testimonianze artistiche. Tra gli edifici di culto meritano interesse la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, la S.S. Annunziata, San Tommaso e Santa Maria dei Martiri. Così come per tutto il Meridione d’Italia, anche per Sant’Arsenio, l’800 ha significato il ritorno degli stenti e dei sacrifici. La propagazione delle idee risorgimentali, diffusesi all’indomani dello sbarco del Pisacane a Sapri, contribuirono alla già precaria situazione che fra disagi vari vide la popolazione oppressa da fucilazioni e condanne. Sempre nel 1857, nel pieno del freddo invernale, il 16 dicembre fu la volta del tragico Tremuoto che fiaccò le ormai stanche possibilità umane e potenzialità economiche e di risorse dei santarsenesi e del Vallo di Diano tutto. E pur di scampare alla fame la popolazione locale suo malgrado dovette emigrare verso le Americhe o arruolarsi nel Regio Esercito, mentre donne e bambini dedicarsi, in loco, ai lavori della campagna e delle masserie. All’indomani del tremuoto le opere di urbanizzazione progredirono ulteriormente tanto quanto l’edilizia civile e religiosa come testimoniatoci dai palazzi Florenzano, oggi Ist. Religiose dei SS Cuori, Cafaro e Fiordelisi, e dalla cappella dedicata alla Vergine del Carmine, eretta in una piazzetta interna, luogo di ritrovo per numerose ingiurie ed attentati.
Il primogenio nucleo abitativo detto “Serrone”, nomenclatura greca indicante l’inaccessibilità del luogo, la dice lunga sull’origine del piccolo insediamento urbano che tra ‘5-‘700 conobbe il suo massimo sviluppo al punto da divenire un modello insediativo unico ed esemplare nell’intero contesto urbanistico valligiano sia per le sue caratteristiche architettoniche sia per le tipologie rurali adottate. Situato sulla parte alta del paese, oggi è facilmente raggiungibile sia mediante delle scalinate litiche sia mediante la strada rotabile. Il borgo pur mantenendo a sprazzi la sua fisionomia architettonico stilistica arcaica, in seguito ad una discutibile riqualificazione iniziata qualche anno fa, sta conoscendo momenti di stravolgimento identitari di notevole rilievo, tanto da comprometterne notevolmente l’antico ed originario assetto urbano, architettonico ed antropico. Infatti, prima dell’inizio dell’operazione economica, il borgo era discretamente abitato dagli indigeni, i quali dopo esproprio coatto hanno lasciato l’antico sito per trasferirsi a valle, con le debite conseguenze che il caso comporta. L’intero tessuto urbano arcaico è costituito da una serie di case edificate sulla nuda roccia, il cui ingresso è caratterizzato da portali litici databili tra ‘5 e ‘700. La lineare conformazione urbana si dipana dal basso verso l’alto al cui vertice è ubicato l’antico fortilizio militare-residenziale del 1598 (rimaneggiato ed ampliato da don Gaetano Kalà nel 1691), mentre nell’800 venne adibito a Municipio e nel ‘900 a civile abitazione. Il primitivo insediamento architettonico ben si raccorda con il nucleo urbano formatosi nel corso dei secoli e sviluppatosi a valle, all’indomani della bonifica. Buona parte d’esso regala ancora oggi qualche traccia superstite dell’antica caratteristica dei portali litici d’ingresso (in pietra locale), arricchiti da suntuose ed allegoriche chiavi di volta a motivi araldici, floreali, animali, vegetali, antropomorfi o semplici incisioni delle iniziali dei proprietari, distinguendolo dai Comuni vicini. I portali superstiti scampati alla furia devastatrice del Sisma del 1980 o all’ignoranza della gente, recano in buona parte la data post Tremuoto 1857, il che fa pensare ad una notevole campagna edilizia intrapresa dalla Municipalità all’indomani del Tremuoto suddetto e che ad onor del vero per Sant’Arsenio non comportò danni ingenti, come la vicina Polla, né a cose né a persone. Interessanti risultano anche i toponimi viari che sono scampati all’oblio e che rimandano, chiaramente, alla presenza Normanna in queste terre e contrade. Infatti, ci si può trovare in Rue come quella Stella o Ceraso (attuali via A. Cafaro e P. Ciliberti), oppure in Palco soprano e sottano, Vico Ailante, a la Braida o alla Difesa, e finendo in Via Lombardia sottana e soprana.
Grazie alla sua collocazione pedemontana, il Comune non manca d’interessanti siti naturali. Meritevole di attenzione, uno fra tutti, è il Monte Carmelo (1145 mt. slm). Sito naturalistico di facile accesso grazie alla strada rotabile che s’inerpica tra lussureggianti castagneti e faggeti, fino a raggiungere la vetta dove è ubicato il piccolo Santuario dedicato all’eponima Vergine del Carmelo (edificato nel 1952), e più in basso un’ampia distesa verde, detta “Lago”. Dalla terrazza naturale offerta dal Santuario è possibile godere di un panorama mozzafiato da cui trarne una istantanea dell’intero Vallo di Diano. Lasciato il Santuario si può piacevolmente trascorrere la giornata all’aperto a contatto con la flora, la fauna e la vegetazione montana. Infatti, nella zona detta Lago, antico sito risalente al Pleistocene, come dimostrano i fossili rudisti, è possibile riposare e godere del verde attrezzato a pic nic. Inoltre, tutta una serie di percorsi attrezzati contribuiscono a rendere apprezzabile la permanenza e la natura che in tutto il suo rigoglìo si offre spettacolare soprattutto nelle stagioni primavera ed autunno, allorquando la cromia colorativi della vegetazione contrasta con l’azzurro del cielo terso. In vetta non manca d’incontrare sia la razza bovina podolica sia cavalli allo stato brado, infatti, ben si presta l’intero massiccio calcareo all’allevamento dei suddetti capi di bestiame.