La Tradizione Culinaria

Ultima modifica 4 aprile 2023

Come tutti i paesi dell’area interna della Lucania la tradizione della pasta fatta a mano è immutata da millenni (fusilli, gravaiuoli con ripieno di ricotta e prezzemolo nella variante con o senza pettola, cavatelli, e palmarieddi ecc.ecc), e tanti altri piatti della tradizione gastronomica contadina. Qui, di seguito si riportano quei cibi e/o piatti o produzioni proprie ed esclusive di Sant’Arsenio.

CIENDO ‘MBANDI  (pasta all’uovo in brodino di pollo)

Come si prepara: si crea una montagna di farina di grano duro mentre in un recipiente si sbattono le uova che saranno poi spruzzate con una forchetta sulla farina. L’operazione è da ripetersi fino ad esaurimento delle uova. Si raccolgono in un crivello da cucina i grumi di farina che si creano per l’addensamento dell’uovo, raccogliendoli in un recipiente. L’operazione prevede che il brodo sia già pronto, infatti, si fanno bollire le frattaglie del pollo o la gallina vecchia in abbondante acqua con l’aggiunta di verdure. Non appena pronto il sugo, si passa con il passino fino ad ottenere un passato denso e cremoso in cui immergerci la pasta all’uovo, e far cuocere per pochi minuti. Il risultato finale è ottimo sia al palato sia alla vista. Tanto da non mancare di apprezzare. L’anomalo procedimento conduce ad un piatto semplice ma buono, probabile antesignano della odierna pastina all’uovo prodotta da un noto marchio italiano. Eppure, essa per secoli ha sfamato la fame di centinaia di infanti.

SUPERSATA  (salame a base di carne magra di maiale).

Come si prepara: si utilizzano le parti magre e pregiate del suino oggi si triturano mentre anticamente si tagliuzzavano a lama di coltello, si sala, pepa (a grani grossi), e si miscela con dell’ottimo vino locale (aglianico). La si lascia macerare e la si saggia fritta in padella. Se al gusto essa risulta gustosa e saporita si procede all’insaccatura manuale in budello. Una volta insaccata la si stringe con dello spago e la si mette sotto pressa per una intera notte. Il giorno successivo la si appende per la debita stagionatura. Per una buona stagionatura, fondamentale è avere un luogo asciutto e areato lievemente riscaldato. La supersata è  buona da mangiare fresca arrostita sulla brace e stagionata accompagnata con del buon pane di grano duro e dei formaggi pecorini stagionati, il tutto accompagnato da un buon vino rosso. La supersata viene conservata sott’olio o sotto sugna al fine di mantenerne intatte tutte le caratteristiche nutrizionali e di fragranza della carne.

‘MBUPATIELLI  (il dolce del Matrimonio o di altre feste liete).

Come si prepara: prodotto base per realizzare il dolce è la farina e il miele millefiori “biologico”. Si mette a bollire il miele x 3 volte, mentre si dispone la farina a fontana. Non appena il miele ha concluso la sua bollitura lo si amalgama con la farina fino a diventare un impasta compatto e morbido. Si procede nello stendere l’impasto con i polsi delle mani fino ad ottenerne una sfoglia sottile che va tagliata a strisce. Conclusa l’operazione, le strisce di sfoglia si dispongono su di una teglia da forno precedentemente oleata e le s’incide a lama di coltello, mentre la rotella le dona la tipica forma romboidale. S’inforna a temperatura 120°, e non appena inizia a prendere colore dorato intenso, si estrae e lo si lascia raffreddare. Freddo, il prodotto si spacca a rombo seguendo l’incisione precedentemente fatta con la lama di coltello. Il dolce, gustoso al palato risulta essere al quanto duro e resistente per via del miele. Il prodotto può essere conservato in posto umido e ben areato, al fine di ammorbidire il dolce che può diventare persino delicato e morbido sia ai denti sia al palato.

OLIO DI OLIVA D.O.P “Colline Salernitane”

L’orografia carsica ed il terreno argilloso e grasso contribuisce non poco alla buona coltivazione dell’olivo. Infatti, le tecniche di coltivazione qui adottate sono di buon livello fino a raggiungere, in alcuni comprensori, affermate soluzioni innovative da un punto di vista tecnico-organizzativo che prevedono sia la raccolta delle olive sia la potatura meccanica degli ulivi. Ottima è la resa del frutto dell’olivo da cui si estrae un olio d’oliva, dal colore verde con riflessi paglierini, limpido e a volte velato. All’olfatto mostra un sentore di fruttato definito ed ampio veniente da oliva pulita e abbinato a discrete note di foglia verde e di pomodoro acerbo, mentre al palato rivela un sapore deciso e persistente, gradevolmente amarognolo tendente al piccante. Gusto corposo con buona ed equilibrata struttura e chiari sentori amarognoli di carciofo, cardo e vegetali amari. Il retrogusto è invece pulito. La sua acidità non eccede oltre lo 0,70% con presenza di polifenoli maggiore o uguale a 100 mg/kg. Il prezioso olio si ottiene dalla premitura delle olive di varietà autoctone, di antica introduzione come le cultivar Rotondella, Frantoio, Carpellese o Nostrale per il 65% e Ogliarola, Leccino, per il restante 35 % . Non mancano altre cultivar che però incidono solo per il 20%. Il raccolto annuale, in buona parte viene destinato alla produzione di olio DOP denominato “Colline Salernitane” e viene raccolto entro il 31 Dicembre di ogni anno, esclusivamente a mano, mentre un’altra parte del raccolto, principalmente quella di produzione in proprio per piccoli appezzamenti viene molita in proprio. Il disciplinare del DOP, autorizza si l’ausilio di mezzi meccanici ma è fondamentale l’osservanza di tutte le precauzioni necessarie ad evitare rotture e ferite sia ai frutti sia alla pianta così come le contaminazioni batteriche. È vietata, inoltre, la raccolta delle olive cadute a terra, l’utilizzo di cascolanti e di sacchi da trasporto in canapa o sintetico. Infatti, non oltre il secondo giorno di raccolta e stipatura in cassette forate da 25 kg. cad., le olive  vanno trasportate al frantoio per la molitura al fine di estrarre l’olio di oliva detto extravergine. Le tecniche da utilizzare sia negli oliveti che nei frantoi sono dettate dal Disciplinare di produzione, che a tutela della qualità del prodotto impone particolare cura nelle fasi della raccolta, del trasporto e della conservazione delle olive. La produzione massima di olive non deve superare i 12.000 Kg/ha e la resa in olio non può superare il 20%.

VINO AGLIANICO I.G.T “Tempere”

Fin dal 1700, è attestata in Sant’Arsenio la coltivazione del vigneto, mentre nell’800 viene introdotta,  ad opera di Domenico Giulio Mele, la cultivar barbera piemontese. Per secoli il vigneto è stato una delle attività agricole maggiormente sviluppata, come si evince dai rogiti e dai  testamenti ad pias causas. La trasformazione delle uve ha notevolmente contribuito alla creazione in loco sia di botteghe atte alla realizzazione di botti e tini in essenza di castagno o di rovere sia di manodopera specializzata. Meritevole è la presenza di maestri d’ascia santarsenesi che nel tempo hanno fatto parlare di se. Oggi, questa plurisecolare tradizione è del tutto scomparsa.

Al momento appezzamenti medio piccoli di vigneti continuano a produrre vino da vitigno autoctono ad uso principalmente familiare anche se non mancano vigneti a produzione di cultivar aglianica campana e lucana. Infatti, il tenace impegno di Arsenio e Giuseppe Pica, viticoltori in Sant’Arsenio (SA), stanno producendo, imbottigliando e riproponendo sulle tavole del Vallo di Diano e del circondario limitrofo, un vino di uve aglianiche coltivate in proprio in terreni situati in contrada Tempe, zona ad antica vocazione viticola sulle colline cilentane che declinano nel Vallo di Diano (486 mt slm). Le caratteristiche dei terreni conferiscono al vino una concentrazione ed una personalità unica che evolve nel corso dell’invecchiamento sia in botti di rovere sia in ambienti umidi. Il prodotto finale è di ottima qualità. Gusto deciso e colore rosso bruno intenso non inferiore ai 13°, si assapora in tutta la sua fragranza se servito a temperatura ambiente e/o leggermente fresco. Gradevole al palato e profumato all’olfatto esso è ottimo accompagnatore sia di formaggi stagionati dal gusto deciso (ovini,caprini e bovini) sia di carni rosse (cinghiale o selvaggina). Particolarmente gradevole alla vista per il suo colore rosso bruno intenso ben si abbina con il cioccolato fondente, mentre per retrogusto non disdegna l’abbinamento con la piccola pasticceria a base di frolla (senza margarina e/o burro vario).

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